di Danilo Quinto
Il successo della seconda marcia nazionale per la vita, organizzata da Famiglia Domani, Movimento Europeo Difesa Vita (Mevd) e da tante altre sigle pro life, ha provocato la nascita dei “Giuristi per la vita”, presieduti dall’avvocato Gianfranco Amato, al quale chiediamo: come possono aiutare i “Giuristi per la Vita”, il consolidamento di un sentire cattolico diffuso e militante sui temi della vita?
“Operando sul campo. L’esperienza ha dimostrato quanto sia importante proclamare e difendere il diritto alla vita anche nelle sedi in cui esso viene interpretato e applicato. Da qui è nata l’idea di costituire una task force operativa di giuristi. I radicali hanno dimostrato, purtroppo, come una pattuglia di agguerriti e convinti avvocati riesca ad ottenere molto più di tanti autorevoli saggi, erudite conferenze e illustri simposi. ‘Giuristi per la Vita’ vuole essere una task force operativa, costituita da un gruppo affiatato e risoluto di avvocati, filosofi del diritto, docenti, studenti, capace di diventare un utile strumento nella lotta in difesa della vita.
Con questa iniziativa potremmo dimostrare che la Marcia per la Vita non è stata un’esperienza estemporanea o un evento limitato alla pura testimonianza. In molti, abbiamo ritenuto che occorreva evitare il rischio di un autocompiacimento per l’esaltante risultato ottenuto e di non fare, quindi, la fine del Family Day, quella meravigliosa esperienza che tante speranze aveva destato e che si è tristemente conclusa in un nulla di fatto. La Marcia per la Vita sarà giudicata dalla capacità di dar voce ad un popolo, di generare una presenza culturale, di creare sinergie e di aggregare intelligenze in difesa del diritto sacrosanto e sempre inalienabile della vita. Igitur ex fructibus eius cognoscemus eam. Sono convinto che ‘Giuristi per la Vita’ sia uno di quei frutti”.
Molti cattolici, sui temi della bioetica, sembrano operare accettando il “male minore” e cercando il compromesso con chi si batte contro la vita. I “Giuristi per la vita” come considerano questa posizione?
“Non c’è nulla da fare: in tema di vita e di morte non sono possibili compromessi al ribasso, né giova scendere a patti col Male. ‘Nolite locum dare Diabolo’, ammoniva San Paolo. Chi si illudeva che la Legge 194 avrebbe limitato il ricorso all’aborto – accettando tale normativa come male minore – è stato smentito dall’utilizzo strumentale del concetto di ‘tutela della salute psichica della donna’, che ha concesso a quest’ultima un pieno e assoluto diritto di vita e di morte nei confronti del nascituro. Chi si illudeva che la Legge 40 avrebbe limitato gli abusi della fecondazione assistita – accettando tale normativa come male minore – è stato smentito dagli interventi giurisprudenziali di magistrati eugenisti, che stanno smantellando ciò che di positivo contempla quella legge. Chi si illudeva che la somministrazione della pillola abortiva RU486 sarebbe avvenuta con ricovero in una struttura sanitaria pubblica – accettando l’applicazione della Legge 194 come male minore – è stato smentito dal riconoscimento alla donna del diritto al rifiuto delle cure ospedaliere, che ha portato, di fatto, all’aborto a domicilio. Potremmo continuare.
Si esaltano sempre più spesso scelte suicidarie ed eutanasiche. Lei crede che questo possa essere un “fronte giuridico” che si può aprire?
Ritengo proprio di sì. Ciò che sta oggi accadendo in Gran Bretagna sul tema dell’assisted suicide ci rende evidente come quella battaglia sia destinata a combattersi, anche da noi, proprio sul fronte giuridico.
Non dimentichiamo, poi, che il decreto 9 luglio 2008 emesso dalla Corte di Appello di Milano, con cui è stato disposto l’’accudimento accompagnatorio’ di Eluana Englaro verso la morte, ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico il principio secondo cui senza una ‘pienezza di facoltà motorie e psichiche’, l’esistenza umana si riduce ad ‘vita non degna di essere vissuta’, traduzione italiana del termine ‘lebensunwertes Leben’, coniato dai giuristi tedeschi anni ’30 e riecheggiato tristemente nelle aule giudiziarie del Terzo Reich. Si tratta di ‘una crepa nella nostra civiltà’, come direbbe il Cardinal Bagnasco. E’ un salto qualitativo in pejus, di fronte al quale è immorale per i giuristi tacere e non reagire”.
Quello europeo può diventare un ambito del vostro intervento?
“E’ già un ambito in cui dover intervenire. Basti pensare al recente pronunciamento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sulla legge 40. Dovremmo creare un network europeo. Penso, ad esempio, agli amici del Christian Legal Center, di Advocates International, di Human Dignity Watch, e dell’A.D.F.”.
Quale tipo di rapporto pensa si possa instaurare con il Parlamento?
“La situazione politica generale non appare davvero confortante per i cattolici. Ritengo, però, che un interlocutore interessante possa senz’altro essere l’Associazione Intergruppo Parlamentare per il valore della Vita, coordinata dal senatore Stefano De Lillo”.
Occuparsi della vita in termini di diritto significa seguire nel senso opposto il metodo di chi vuole perseguire la via giuridica per affermare la morte. Non crede che i decenni trascorsi nel non comprendere che questa è stata la strada vincente dello schieramento anti-umano, possano incidere sui vostri obiettivi?
“Sono anni che vado predicando che occorre occuparsi della vita in termini di diritto, ma nel mondo cattolico la mia è rimasta una voce alquanto isolata. Quando sulla pillola RU486 rilanciai la proposta di strutturare un team di legali – proposta ripresa da Ferrara sul Foglio il 6 agosto 2009 con l’articolo intitolato ‘Avv. & Prof. Prove tecniche di battaglia radicale contro la kill pill che viola la legge 194’ – i luminari del mondo cattolico risposero che la via del diritto in bioetica non aveva futuro e prospettive. La realtà, purtroppo, non pare aver dato loro ragione. Forse il biodiritto è considerato morto nelle aule accademiche, ma la cronaca quotidiana ci dimostra come goda di ottima salute nelle aule giudiziarie. Dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo fino all’ultimo giudice monocratico di un Tribunale di periferia. Ecco perché è arrivata l’ora di smettere di pontificare e di rimboccarsi umilmente le maniche”.
(*) Dal mensile “Notizie pro vita” – ottobre '12
Il successo della seconda marcia nazionale per la vita, organizzata da Famiglia Domani, Movimento Europeo Difesa Vita (Mevd) e da tante altre sigle pro life, ha provocato la nascita dei “Giuristi per la vita”, presieduti dall’avvocato Gianfranco Amato, al quale chiediamo: come possono aiutare i “Giuristi per la Vita”, il consolidamento di un sentire cattolico diffuso e militante sui temi della vita?
“Operando sul campo. L’esperienza ha dimostrato quanto sia importante proclamare e difendere il diritto alla vita anche nelle sedi in cui esso viene interpretato e applicato. Da qui è nata l’idea di costituire una task force operativa di giuristi. I radicali hanno dimostrato, purtroppo, come una pattuglia di agguerriti e convinti avvocati riesca ad ottenere molto più di tanti autorevoli saggi, erudite conferenze e illustri simposi. ‘Giuristi per la Vita’ vuole essere una task force operativa, costituita da un gruppo affiatato e risoluto di avvocati, filosofi del diritto, docenti, studenti, capace di diventare un utile strumento nella lotta in difesa della vita.
Con questa iniziativa potremmo dimostrare che la Marcia per la Vita non è stata un’esperienza estemporanea o un evento limitato alla pura testimonianza. In molti, abbiamo ritenuto che occorreva evitare il rischio di un autocompiacimento per l’esaltante risultato ottenuto e di non fare, quindi, la fine del Family Day, quella meravigliosa esperienza che tante speranze aveva destato e che si è tristemente conclusa in un nulla di fatto. La Marcia per la Vita sarà giudicata dalla capacità di dar voce ad un popolo, di generare una presenza culturale, di creare sinergie e di aggregare intelligenze in difesa del diritto sacrosanto e sempre inalienabile della vita. Igitur ex fructibus eius cognoscemus eam. Sono convinto che ‘Giuristi per la Vita’ sia uno di quei frutti”.
Molti cattolici, sui temi della bioetica, sembrano operare accettando il “male minore” e cercando il compromesso con chi si batte contro la vita. I “Giuristi per la vita” come considerano questa posizione?
“Non c’è nulla da fare: in tema di vita e di morte non sono possibili compromessi al ribasso, né giova scendere a patti col Male. ‘Nolite locum dare Diabolo’, ammoniva San Paolo. Chi si illudeva che la Legge 194 avrebbe limitato il ricorso all’aborto – accettando tale normativa come male minore – è stato smentito dall’utilizzo strumentale del concetto di ‘tutela della salute psichica della donna’, che ha concesso a quest’ultima un pieno e assoluto diritto di vita e di morte nei confronti del nascituro. Chi si illudeva che la Legge 40 avrebbe limitato gli abusi della fecondazione assistita – accettando tale normativa come male minore – è stato smentito dagli interventi giurisprudenziali di magistrati eugenisti, che stanno smantellando ciò che di positivo contempla quella legge. Chi si illudeva che la somministrazione della pillola abortiva RU486 sarebbe avvenuta con ricovero in una struttura sanitaria pubblica – accettando l’applicazione della Legge 194 come male minore – è stato smentito dal riconoscimento alla donna del diritto al rifiuto delle cure ospedaliere, che ha portato, di fatto, all’aborto a domicilio. Potremmo continuare.
Si esaltano sempre più spesso scelte suicidarie ed eutanasiche. Lei crede che questo possa essere un “fronte giuridico” che si può aprire?
Ritengo proprio di sì. Ciò che sta oggi accadendo in Gran Bretagna sul tema dell’assisted suicide ci rende evidente come quella battaglia sia destinata a combattersi, anche da noi, proprio sul fronte giuridico.
Non dimentichiamo, poi, che il decreto 9 luglio 2008 emesso dalla Corte di Appello di Milano, con cui è stato disposto l’’accudimento accompagnatorio’ di Eluana Englaro verso la morte, ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico il principio secondo cui senza una ‘pienezza di facoltà motorie e psichiche’, l’esistenza umana si riduce ad ‘vita non degna di essere vissuta’, traduzione italiana del termine ‘lebensunwertes Leben’, coniato dai giuristi tedeschi anni ’30 e riecheggiato tristemente nelle aule giudiziarie del Terzo Reich. Si tratta di ‘una crepa nella nostra civiltà’, come direbbe il Cardinal Bagnasco. E’ un salto qualitativo in pejus, di fronte al quale è immorale per i giuristi tacere e non reagire”.
Quello europeo può diventare un ambito del vostro intervento?
“E’ già un ambito in cui dover intervenire. Basti pensare al recente pronunciamento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sulla legge 40. Dovremmo creare un network europeo. Penso, ad esempio, agli amici del Christian Legal Center, di Advocates International, di Human Dignity Watch, e dell’A.D.F.”.
Quale tipo di rapporto pensa si possa instaurare con il Parlamento?
“La situazione politica generale non appare davvero confortante per i cattolici. Ritengo, però, che un interlocutore interessante possa senz’altro essere l’Associazione Intergruppo Parlamentare per il valore della Vita, coordinata dal senatore Stefano De Lillo”.
Occuparsi della vita in termini di diritto significa seguire nel senso opposto il metodo di chi vuole perseguire la via giuridica per affermare la morte. Non crede che i decenni trascorsi nel non comprendere che questa è stata la strada vincente dello schieramento anti-umano, possano incidere sui vostri obiettivi?
“Sono anni che vado predicando che occorre occuparsi della vita in termini di diritto, ma nel mondo cattolico la mia è rimasta una voce alquanto isolata. Quando sulla pillola RU486 rilanciai la proposta di strutturare un team di legali – proposta ripresa da Ferrara sul Foglio il 6 agosto 2009 con l’articolo intitolato ‘Avv. & Prof. Prove tecniche di battaglia radicale contro la kill pill che viola la legge 194’ – i luminari del mondo cattolico risposero che la via del diritto in bioetica non aveva futuro e prospettive. La realtà, purtroppo, non pare aver dato loro ragione. Forse il biodiritto è considerato morto nelle aule accademiche, ma la cronaca quotidiana ci dimostra come goda di ottima salute nelle aule giudiziarie. Dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo fino all’ultimo giudice monocratico di un Tribunale di periferia. Ecco perché è arrivata l’ora di smettere di pontificare e di rimboccarsi umilmente le maniche”.
(*) Dal mensile “Notizie pro vita” – ottobre '12
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