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TG e giornali battono da tempo su un solo chiodo: crisi economica e tagli alle spese – mentre ci sono “piccole oasi” dove la crisi sembra non farsi sentire... Un caso fra i tanti: gli ingenti e sproporzionati finanziamenti a Radio Radicale.
Neanche la calura estiva e la pausa per le vacanze sono state sufficienti a spegnere l’interruttore e smetterla, almeno un po’, di parlare di economia. Come un chiodo fisso, i telegiornali nazionali e le
pagine dei giornali hanno riportato frasi ripetute più del ritornello della canzone che ha vinto l’ultimo festival di Sanremo: riavviare l’economia, sanare il debito pubblico, continuare la rigorosa politica dei tagli alle spese, senza diminuire la pressione fiscale.
pagine dei giornali hanno riportato frasi ripetute più del ritornello della canzone che ha vinto l’ultimo festival di Sanremo: riavviare l’economia, sanare il debito pubblico, continuare la rigorosa politica dei tagli alle spese, senza diminuire la pressione fiscale.
I tagli alle spese, però, sembrano sottostare a una legge che si ispira al nostro campionato di calcio. Così come nel mondo calcistico si distinguono dalla seria A i vari campionati inferiori, anche per i tagli alle spese si applicano gli stessi criteri.
Si taglia sulla sanità, sulla scuola, sulle pensioni, sulle auto blu, ma Radio Radicale no! I finanziamenti che il governo eroga a Radio Radicale, proprio non si toccano. Così, da dieci anni a questa parte, ogni anno viene assegnata all’emittente la somma di 10 milioni di euro, che, per i nostalgici della vecchia moneta, fanno un totale di più di 200 miliardi delle vecchie lire.
Evidentemente, questioni come la salute degli italiani, l’educazione dei loro figli, la sopravvivenza dei pensionati ai limiti della fame – che senza il supporto delle mense ecclesiastiche sarebbero già morti per denutrizione –, sono tutti problemi di secondaria importanza, appartengono al campionato cadetto, a quello della serie B, a quello che è oscurato dai dribbling di Lavezzi, o dal lancio perfetto che parte dal piede di Pirlo, dalla pennellata sicura disegnata da Del Piero, e piazzata proprio nell’angoletto più lontano dal portiere. Radio Radicale rappresenta per la maggior parte dei politici, quello che Pelé e Maradona rappresentano per gli appassionati di calcio.
A noi comunissimi cittadini della nostra bella Italia, che non possiamo conoscere i giochi di palazzo, sembra strano che i vari governi di centro sinistra e di centro destra, alternatisi in questi ultimi 10 anni, non abbiano fatto mai nulla per tagliare sulla spesa per un servizio che potrebbe svolgere la Rai – Tv che già incassa la tassa annuale, pagata da coloro che sono in possesso dell’apparecchio televisivo. Sempre perché siamo solo comuni cittadini, non riusciamo a comprendere per quale misterioso meccanismo non è mai stata data applicazione a una legge del 2008, la legge Mammì, che attribuiva alla Rai la facoltà di trasmettere le sedute parlamentari, in modo da estromettere Radio Radicale. Ancora più misterioso, poi, è che a un professore così attento nella gestione dell’economia italiana, come Monti, sia sfuggita la possibilità di tagliare sul finanziamento a una radio che non è la voce della comunità tutta, ma solo del partito radicale. Non solo. Se approfondiamo un po’ di più l’argomento, con il sussidio del libro di Danilo Quinto, Da servo di Pannella a figlio libero di Dio, scopriamo che durante un’interrogazione parlamentare del senatore Domenico Gramazio, il 28 luglio del 2006 venne chiesta una risposta scritta su un quesito. Nella questione posta, si chiedeva di indagare sul passaggio dei soldi, ricevuti sotto forma di finanziamento, da Radio Radicale e confluiti poi nella Lista Pannella, in modo da costituire un possibile: «...ulteriore, surrettizio finanziamento pubblico al partito; (infatti) dai bilanci pubblicati del Partito Radicale nell’anno 2004 risulta(va) che questo [...] (aveva) un debito verso il Centro di produzione (Radio Radicale), ma un credito nei confronti della Lista Pannella del medesimo importo». La risposta scritta, naturalmente, non ci fu.
Sempre nel Libro di Quinto, leggiamo di un dialogo tra il suo Autore, ex tesoriere del partito radicale per venti lunghissimi anni, e il senatore Gaetano Quagliariello. Alla domanda rivolta da Quinto al senatore sul perché il governo Berlusconi continuava a decidere di finanziare Radio Radicale, questa fu la risposta: «Danilo, i radicali non contano un (omissis). Quei soldi vengono dati per far divertire Pannella».
Evidentemente la crisi non è uguale per tutti.
Evidentemente la crisi non è uguale per tutti.
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