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L'amico Langone, Schumacher in lettura veloce, appena uscito il libro "Ci salveranno le vecchie zie" di Gnocchi e Palmaro si direbbe l'abbia già letto tutto. Sennonchè questa volta piscia fuori dal vaso. Si è limitato a leggere il titolo e la sinossi, altrimenti le critiche a casaccio e fuori tema non le avrebbe fatte. Ma agli amici si perdona questo ed altro. Soprattutto quando questo serve a far parlare di un libro che mette ordine in casa cattolica troppo affetta da quel cattoprotestantesimo che Langone stesso stra-giustamente critica. Bravo Camillo che sei il primo a parlarne, ma - gentilmente - torna a scrivere sul tema dopo aver letto da cima a fondo il libro. Se vuoi te lo mando in eBook, così lo leggi ancora più in fretta.
Giovanni Zenone
Altro che vecchie zie, a salvare la Tradizione saranno le giovani nipoti
di Camillo Langone (Il Foglio)
Perché mai dovrebbero salvarci le vecchie zie? Casomai le giovani nipoti. Io le conosco le donne rievocate da Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro nel titolo del loro nuovo libro (“Ci salveranno le vecchie zie. Una certa idea della Tradizione”) e ne conosco bene soprattutto la faccia oscura
Perché mai dovrebbero salvarci le vecchie zie? Casomai le giovani nipoti. Io le conosco le donne rievocate da Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro nel titolo del loro nuovo libro (“Ci salveranno le vecchie zie. Una certa idea della Tradizione”) e ne conosco bene soprattutto la faccia oscura
perché ho vissuto nel sud del sud dei diavoli e ricordo ziette più o meno indirettamente responsabili dell’aborto di nipotine momentaneamente incinte e definitivamente prive di marito o fidanzato. “Chissà che cosa dirà la gente!”. La gente alla fine non diceva niente perché in niente finiva la gravidanza, grazie alla letale pressione famigliare. Le zie di Longanesi, di Gnocchi e di Palmaro erano di altra pasta? Meglio per loro ma non per noi: acqua passata non macina più. Che poi, adesso che ci penso, le vedo pure oggi e pure al nord e al centro le famose vecchie zie e le vedo a messa la domenica e sono signore che si ostinano ad agguantare l’ostia con le mani come i preti in maglione gli avranno insegnato nei Settanta, e quando un sacerdote appena scrupoloso, appena ubbidiente al Papa, prova a dire dal pulpito che il Corpo di Cristo sarebbe meglio riceverlo sulla lingua, loro niente, come avesse parlato ai banchi, continuano a fare come gli pare, cattoprotestanti decrepite.
Se dobbiamo contare su queste bizzoche per salvare la tradizione, ciao. Se poi dobbiamo contare sulle maiuscole, come fanno Gnocchi e Palmaro distinguendo puntigliosi fra Tradizione e tradizione, riciao. Il problema è la parola, non la grafia. Puoi scriverla tutta maiuscola e bold, puoi scolpirla sul marmo a forza di scalpello, non cambia nulla. A me dispiace, sono un uomo che porta il tabarro e il venerdì non mangia carne, figuriamoci se non mi dispiace. Purtroppo pare che i miei dispiaceri non spostino di un millimetro il corso della storia. Qualche giorno fa mi ha scritto un amico con tanti cognomi, non stava più nella pelle, voleva assolutamente farmi partecipe della sua gioia: Papa Benedetto XVI aveva appena celebrato una messa indossando il fanone. Una stecca di balena? No, un disusato paramento liturgico, una specie di corta mantellina a strisce che concentra in poca stoffa tanta storia e un certo simbolismo. Benissimo, però avrei apprezzato ancor di più un’omelia papale contro l’apertura domenicale dei negozi: sono continuamente accusato di estetismo eppure credo che l’importanza dei comandamenti sopravanzi leggermente quella dei guardaroba. Comunque la si voglia scrivere vedo la tradizione tarmata, anche il motu proprio del 2007 che intendeva liberalizzare la messa tridentina non si può dire abbia avuto un clamoroso successo. E non solo per la disubbidienza di molti vescovi che hanno preso la lettera del Papa e l’hanno buttata nel cestino, cattoprotestanti pure loro. Passando da semiproibite a semilegali le messe in latino sono aumentate ma non si sono moltiplicate come molti, me compreso, speravano. Nonostante lo zelo dei frati francescani dell’Immacolata, il sostegno di Negri, l’impegno di Caffarra e di Oliveri vescovo di Albenga, ci sono intere regioni che continuano a ignorare il messale di Pio V e intere diocesi dove per ammirare un sacerdote adorante bisogna prima partecipare a una sorta di caccia al tesoro: vince chi, superando l’ostacolo degli orari assurdi, degli indirizzi strani, dei giorni a casaccio, riesce a capire dove e quando si celebra. Ovvio che poi ci siano quattro gatti come a Parma: con tutte le chiese vuote disponibili qualcuno ha voluto la messa di Padre Pio nella cappella nascosta di un convento nascosto, con inevitabile e fastidiosa sensazione di conventicola.
Alle messe tradizionali di vecchie zie ce ne sono molto meno che alle messe chitarristiche, abbondano casomai i vecchi zii (il latino è maschio). I bambini, invece, scarseggiano in entrambi i riti. Gli amici che vanno in vacanza nei paesi esotici mi riportano notizie di chiese brulicanti, in particolare brulicanti di pargoli, e non ci vuole molto a capire dove soffia lo Spirito. Se e quando Dio vorrà salvare l’Europa le regalerà tanti bambini e siccome questo riguarda le giovani nipoti è alle giovani nipoti che bisogna dedicare libri.
© - FOGLIO QUOTIDIANO 31 ottobre 2012 p. 2
La risposta di Gnocchi & Palmaro su Il Foglio dell'1 novembre 2012
Al direttore
Durante la scrittura di Ci salveranno le vecchie zie, avevamo un bel litigare per stabilire se il modello migliore fosse la “vecchia zia” di Gnocchi o la “vecchia zia” di Palmaro. Energie e tempo buttati, perché, dopo aver letto il pezzo di Camillo Langone sul nostro libro, abbiamo scoperto che il vero modello è lui, “zio Camillo”. Così cerimoniosamente tignoso e così fuori dal tempo con quel suo magnifico tabarro e quel suo non mangiar carne di venerdì, da non avere confronti. Come “vecchio zio”, ben inteso, giusto per non cadere in equivoci tra gente che ama i gusti di una volta.
Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro
Se dobbiamo contare su queste bizzoche per salvare la tradizione, ciao. Se poi dobbiamo contare sulle maiuscole, come fanno Gnocchi e Palmaro distinguendo puntigliosi fra Tradizione e tradizione, riciao. Il problema è la parola, non la grafia. Puoi scriverla tutta maiuscola e bold, puoi scolpirla sul marmo a forza di scalpello, non cambia nulla. A me dispiace, sono un uomo che porta il tabarro e il venerdì non mangia carne, figuriamoci se non mi dispiace. Purtroppo pare che i miei dispiaceri non spostino di un millimetro il corso della storia. Qualche giorno fa mi ha scritto un amico con tanti cognomi, non stava più nella pelle, voleva assolutamente farmi partecipe della sua gioia: Papa Benedetto XVI aveva appena celebrato una messa indossando il fanone. Una stecca di balena? No, un disusato paramento liturgico, una specie di corta mantellina a strisce che concentra in poca stoffa tanta storia e un certo simbolismo. Benissimo, però avrei apprezzato ancor di più un’omelia papale contro l’apertura domenicale dei negozi: sono continuamente accusato di estetismo eppure credo che l’importanza dei comandamenti sopravanzi leggermente quella dei guardaroba. Comunque la si voglia scrivere vedo la tradizione tarmata, anche il motu proprio del 2007 che intendeva liberalizzare la messa tridentina non si può dire abbia avuto un clamoroso successo. E non solo per la disubbidienza di molti vescovi che hanno preso la lettera del Papa e l’hanno buttata nel cestino, cattoprotestanti pure loro. Passando da semiproibite a semilegali le messe in latino sono aumentate ma non si sono moltiplicate come molti, me compreso, speravano. Nonostante lo zelo dei frati francescani dell’Immacolata, il sostegno di Negri, l’impegno di Caffarra e di Oliveri vescovo di Albenga, ci sono intere regioni che continuano a ignorare il messale di Pio V e intere diocesi dove per ammirare un sacerdote adorante bisogna prima partecipare a una sorta di caccia al tesoro: vince chi, superando l’ostacolo degli orari assurdi, degli indirizzi strani, dei giorni a casaccio, riesce a capire dove e quando si celebra. Ovvio che poi ci siano quattro gatti come a Parma: con tutte le chiese vuote disponibili qualcuno ha voluto la messa di Padre Pio nella cappella nascosta di un convento nascosto, con inevitabile e fastidiosa sensazione di conventicola.
Alle messe tradizionali di vecchie zie ce ne sono molto meno che alle messe chitarristiche, abbondano casomai i vecchi zii (il latino è maschio). I bambini, invece, scarseggiano in entrambi i riti. Gli amici che vanno in vacanza nei paesi esotici mi riportano notizie di chiese brulicanti, in particolare brulicanti di pargoli, e non ci vuole molto a capire dove soffia lo Spirito. Se e quando Dio vorrà salvare l’Europa le regalerà tanti bambini e siccome questo riguarda le giovani nipoti è alle giovani nipoti che bisogna dedicare libri.
© - FOGLIO QUOTIDIANO 31 ottobre 2012 p. 2
La risposta di Gnocchi & Palmaro su Il Foglio dell'1 novembre 2012
Al direttore
Durante la scrittura di Ci salveranno le vecchie zie, avevamo un bel litigare per stabilire se il modello migliore fosse la “vecchia zia” di Gnocchi o la “vecchia zia” di Palmaro. Energie e tempo buttati, perché, dopo aver letto il pezzo di Camillo Langone sul nostro libro, abbiamo scoperto che il vero modello è lui, “zio Camillo”. Così cerimoniosamente tignoso e così fuori dal tempo con quel suo magnifico tabarro e quel suo non mangiar carne di venerdì, da non avere confronti. Come “vecchio zio”, ben inteso, giusto per non cadere in equivoci tra gente che ama i gusti di una volta.
Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro
4 commenti:
Pare da questo libro che la Nuova Evangelizzazione sia un rispolverimento di un vecchio guardaroba, più che un vero ridire e restituire con parole nuove quel vangelo eterno che deve saper parlare ad ogni epoca e ad ogni congiuntura storica; questo la Chiesa deve fare: rendere eloquente oggi ciò che certamente e' eterno, ma non nello stesso identico modo deve essere eternamente trasmesso.
Pessimo e ignorante della grande umanità e appartenenza di questo uomo di Chiesa e' il discorso sul Card Carlo Maria Martini...magari fosse diventato papa! Altro che messe in latino per quei quattro pazzi, nostalgici o cultori del così mi ha insegnato mia nonna...l'adorazione la si vive nella vita donata ogni giorno come ci hanno insegnato i grandi santi dell'epoca attuale...andiamo avanti, non torniamo indietro! Questo non ha forse fatto per fortuna il Vaticano II?
Caro Anonimo,
raglio martiniano non sale al cielo.
Langone mi ha fatto sorridere, conosco Gnocchi e Palmaro per aver letto tutto quello che hanno scritto come duo e quindi prenderò questo libro.
Il commento Anonimo di cui sopra mi fa male, se siamo al punto in cui siamo nella Chiesa è perché c'è gente che crede in cose del genere... mamma mia... per fortuna c'è chi prega, soffre e lotta perchè torni la Chiesa Cattolica. Vecchie zie o meno.
Conosco da tempo Langone, sempre estremo e irriverente, ma qui ha fatto un buco nell'acqua: la chiesa che frequento per seguire la celebrazione Eucaristica nel rito straordinario è piena di vecchie zie. E ci sono anche i nipoti: io ho 28 anni. Ciao
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