di Danilo Quinto*
Nel marzo scorso, sono accaduti tre fatti che hanno portato di nuovo alla luce, in maniera chiara e dirompente, la piaga dei bambini-soldato. Il primo riguarda la Corte Penale Internazionale dell’Aja, che ha riconosciuto colpevole di
crimini di guerra l’ex capo delle milizie congolesi Thomas Lubanga. È stato condannato per crimini di coscrizione e arruolamento di bambini di meno di quindici anni: li ha fatti partecipare alla guerra civile che per cinque anni ha imperversato nella Repubblica democratica del Congo e che è costata la vita a 60mila persone. Il secondo fatto: il video diffuso da “Invisible Children” su Joseph Kony, detto il “signore della guerra”, leader dell’organizzazione Lord's Resistance Army. Cliccato da almeno 50 milioni di persone, il filmato mostra immagini agghiaccianti sui bambini soldato e sulle bambine rapite dai guerriglieri e vittime di violenza. Il terzo fatto riguarda le Nazioni Unite. L’Unicef, era ora, ha denunciato che da molti anni “Sendero Luminoso” – il gruppo guerrigliero più sanguinoso dell’America Latina, responsabile di oltre 40mila vittime innocenti – arruola bambine e bambini per le sue azioni di lotta armata.
Si stima che siano più di 300mila i minori di 18 anni coinvolti in circa 30 conflitti armati, nonostante le disposizioni contenute nella “Convenzione Internazionale dei Diritti del Bambino” (1989) dell’Onu, il cui Protocollo Opzionale è stato ratificato da 143 Stati, obbligati a vigilare affinché i bambini non diventino protagonisti attivi delle guerre. Le violazioni sono numerose e continue. L’ONU, nel suo rapporto annuale, ha individuato almeno una dozzina di gruppi armati locali che praticano questa grave violazione dei diritti dell’infanzia, che comprende: l’arruolamento illegale da parte di gruppi armati, l’arruolamento forzato da parte delle forze governative, l’arruolamento o l’utilizzo di bambini nelle milizie o altri gruppi alleati con le forze armate, l’arruolamento nell’esercito regolare in tempo di pace. In Uganda, i bambini che fuggivano dalla Lord’s Resistance Army (LRA), o che venivano catturati o rilasciati da quest’ultima, venivano persuasi affinché si unissero alle forze governative di difesa per combattere contro l’LRA: “Io sono stata rapita in un campo in pieno giorno. Dovevamo camminare tutto il tempo e procurare cibo per i ribelli”, ha detto Ester, una bambina di 14 anni, in una testimonianza raccolta da “Save the Children”. Un rapporto di“Human Rights Watch” denuncia che la giunta militare birmana abbia autorizzato i reclutatori a comperare bambini (alcuni dell’età di dieci anni), a volte sottraendoli con forza alle famiglie. I bambini-soldato sono reclutati principalmente in luoghi pubblici, come le fermate d’autobus e spesso i piccoli sono convinti con minacce d’arresto a seguire i militari. In una testimonianza, Maung Zaw Oo, racconta come per la seconda volta fu costretto a entrare nelle milizie Tatmadaw Kyi della Birmania nel 2005: “Riempirono il modulo e mi chiesero l’età ma quando dissi che avevo 16 anni, lui mi diede uno schiaffo e disse: ‘Tu ne hai 18. Rispondi 18’. Mi fece di nuovo la domanda e io risposi ‘ma questa è la mia vera età’. Il sergente chiese allora: ‘Perché sei entrato nell’esercito?’. Io risposi: ‘Contro la mia volontà. Sono stato catturato’. Allora mi disse: ‘Ok, tieni la bocca chiusa’, e riempì il modulo. Io volevo tornare a casa e lo domandai ma loro si rifiutarono. ‘Per favore’, chiesi,‘fatemi almeno fare una telefonata’. Ma dissero no anche a questo”. Secondo il rapporto della Coalizione internazionale “Stop all’uso dei bambini soldato!”, in Sudan, i bambini sono stati utilizzati in Darfur dalle forze armate sudanesi e, nel sud, dal Fronte Popolare Sudanese di Liberazione (Sudan People’s Liberation Army -SPLA). Nel 2006, in Chad bambini sono stati oggetto di un rastrellamento per poi essere utilizzati nella difesa della capitale contro i gruppi armati. “Human Rights Watch”, nel settembre 2008, si è rivolto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite perché faccia pressione sul governo del Chad per liberare i bambini soldato e impedirne il reclutamento e ha diffuso una testimonianza di un ufficiale dell’esercito nazionale, che ha affermato: “I bambini soldato sono ideali perché non si lamentano, non si aspettano di essere pagati e se dici loro di uccidere, loro uccidono”. Per la Coalizione “Stop ai bambini soldato”, è presumibile che in Somalia, il Governo Federale di transizione abbia reclutato e utilizzato bambini durante gli intensi combattimenti verificatisi per il controllo di Mogadiscio alla fine del 2006. In Yemen, “rapporti non confermati” attestano - sostiene il rapporto della Coalizione - che verso la fine del 2007, avvenne la consegna di armi a bambini non addestrati al di sotto dei 15 anni in seguito mandati al fronte per combattere contro i gruppi armati. Nelle Filippine è stato riferito che i bambini erano all’interno delle unità paramilitari utilizzate come appoggio negli sforzi anti-insurrezionali. Un rapporto del “Children’s Rehabilitation Center”del 2008, denuncia il reclutamento di minori sia da parte dell’esercito filippino sia dal New People’s Army, il braccio armato del Partito Comunista delle Filippine: secondo questo rapporto vi sono 948 casi documentati di violazione di diritti umani su minori, mentre sono circa due milioni quelli vittime di “evizione forzata” a causa della guerra. La Coalizione sostiene l’esistenza di rapporti che documentano che i bambini palestinesi siano stati utilizzati in numerose occasioni dalle forze di difesa israeliane in qualità di scudi umani. Nel marzo 2009, Radhika Coomaraswamy, a capo di un gruppo di nove esperti inviati dalla Segreteria Generale dell’ONU per indagare sulle violazioni dei diritti umani commesse a Gaza, ricostruisce nel suo rapporto quanto accaduto il 15 gennaio 2009 quando i carri armati israeliani sono entrati sparando nel quartiere Tel al-Hawa, a Gaza. Le truppe israeliane, in base al rapporto, avrebbero intimato ad un bambino palestinese di unidici anni di camminare di fronte a loro e di entrare per primo nelle case dove si sospettava la presenza di miliziani. Molte denunce di gravi violazioni di diritti umani riguardano anche Hamas, in particolare per uso di bambini come scudi umani. Anche in Iraq – sostiene il rapporto della Coalizione – gli inglesi hanno utilizzato, nel 2005, ragazzi britannici al di sotto dei 18 anni. Fatto confermato a Parigi, nel febbraio 2007, durante la conferenza “Liberiamo i bambini della guerra" del febbraio 2007, dal ministro britannico della Difesa Adam Ingram, che ammise che 15 soldati britannici minori di 18 anni sono stati mandati a combattere in Iraq, contravvenendo al Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dell'Infanzia, entrato in vigore il 12 febbraio 2002 contro l'impiego dei minori nei conflitti armati. Nel documento presentato dal ministro al parlamento inglese, fu dichiarato che la maggior parte dei giovani soldati aveva compiuto da una settimana 18 anni, mentre i minorenni erano stati richiamati in patria pochi giorni dopo il loro arrivo in Iraq. Dei 15 giovani meno di cinque erano donne e nessuna aveva meno di 17 anni.
In una testimonianza raccolta dall’UNICEF, un bambino liberiano, Henry, ha affermato: “Ci davano tonnellate di droga tutto il tempo, per farci sentire forti e coraggiosi e per obbedire ai loro ordini, non importava quali fossero. Spesso prendevo oppio e valium. Penso che siano molte le cose che non riesco a ricordare a causa della droga che ci davano. Ero come controllato da demoni. Ma io so che sono quello che ha commesso di tutto e mi sento male quando penso a tutto ciò che ho fatto. Non esiste niente peggio della guerra”.
(*)da Il Timone n. 116 – settembre-ottobre '12
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