Per amore


di Francesco Agnoli (Il Foglio)
Tanta osservazione e poco ragionamento, diceva il premio Nobel Alexis Carrel, portano a comprendere la realtà, mentre tanto ragionamento e poca osservazione, portano a prendere dei grossi granchi. È esattamente così. Il pensiero scientifico è nato dalle correnti di realismo presenti nella grecità vivificate dal realismo cristiano. Da san Paolo a san Tommaso, infatti, la filosofia cristiana si fonda sull’oggettività del dato sensibile,
che, per quanto limitato ed incompleto, è via verso verità più grandi. Poi sono nate le ideologie, che altro non sono se non riduzionismi: tanti, lunghi ragionamenti (ahi la lunghezza logorroica di Kant, Hegel, Marx…), tanto intellettualismo, e pochissima conoscenza della realtà.
La vicenda continua, oggi, allorché qualcuno afferma: “Chi lo ha detto che i figli abbiano bisogno di un padre e di una madre?”; “Non è ancora provato che genitori single o genitori gay siano nocivi per il corretto sviluppo dei bambini”. In verità è già provato, ma anche se non lo fosse, basterebbe un poco di quella benedetta osservazione di cui sopra per scoprire l’acqua calda: la bellezza, la completezza, l’insostituibilità  della famiglia naturale fondata sul matrimonio.
La famiglia, infatti, è il luogo in cui il bambino (come l’adulto) vive una ampiezza straordinaria di esperienze: lui, piccolo, in mezzo ai grandi, impara il confronto tra generazioni; lui, piccolo, in mezzo ai fratelli, più o meno coetanei, impara la convivenza con gli eguali. In una sola famiglia ci sono tutti i generi, tutte le età, tutti i ruoli. Non vi è scuola di vita migliore di questa; scuola di vita e di virtù: in famiglia si impara l’obbedienza e il rispetto verso gli altri; con fatica, ma con i giusti tempi, si impara a dominare l’orgoglio e l’avidità; si imparano la generosità, il senso di sacrificio, la laboriosità e l’autocontrollo… Come insegnante, lo posso notare tutti i giorni: laddove c’è famiglia, ancora meglio se numerosa, lì crescono giovani equilibrati, forti, sorridenti, contenti della vita… Vendola, Bersani, Fini, Grillo e compagnia cantante, saranno contrari, diranno che sbaglio, ma è così. Chi mina la famiglia, dunque, mina la società, e la felicità degli uomini, singolarmente e come comunità.
Ma come si costruisce una famiglia bella, forte, serena?
Lorenzo Bertocchi, nel suo bellissimo “Dio & Famiglia” (Fede & cultura), dopo una attenta analisi della crisi attuale, arriva proprio qui, al nocciolo della questione. E lo fa analizzando sei coppie di sposi, sei famiglie “che hanno aperto le porte a Cristo e vissuto lo scandalo di una straordinaria normalità”: le famiglie Manelli, Gheddo, Bernardini, Quattrocchi, Martin e Amendolagine. Il cristianesimo è la religione della sacra famiglia, e lo è perché fonda la famiglia stessa, la naturale propensione dell’uomo alla fedeltà e alla durata, su Colui che è Fedele per eccellenza, e che, essendo Trinità, è all’origine di ogni vera relazione.
Come nasce una storia d’amore? Anzitutto nella famiglia d’origine, quando l’altro non c’è ancora: prima di incontrare un altro, occorre esserci come personalità formate, costruire se stessi. Se non si è fatto questo, se il continuo allenamento della vita familiare, tra persone con comunità di vita e di sangue, è mancato, sarà ben dura inventarsi un domani tollerante, capace di perdono e di rinuncia. Chi invece ha appreso la fatica della responsabilità, del confronto, della condivisione in famiglia, più facilmente saprà ripetersi, in forma nuova, nel rapporto con il coniuge e nella dedizione ai figli.
E poi c’è il fidanzamento, che Bertocchi non teme di descrivere nella sua modalità cristiana: fidanzamento casto. Ancora non ci si conosce, vi è solo una generica attrazione, che va provata, testata, perché non si riveli un fuoco di paglia. Perché non si rimanga bruciati e delusi. La castità permette proprio una lunghezza e una purezza di sguardo su se stessi e sugli altri. Impedisce che sia solo il richiamo della carne a dettarci le sue volontà cangianti.
Bertocchi cita s. Gregorio di Palamas: “Coloro che si abbandonano ai piaceri sensibili e corruttibili esauriscono tutto il desiderio della loro anima nella loro carne e divengono così interamente carne”. Ad un fidanzamento casto, “spirituale”, in cui si sia approfondita la reciproca conoscenza, in  profondità, segue una promessa solenne, una libera assunzione di responsabilità: l’impegno a darsi fino in fondo, consapevoli che quando si è iniziata la scalata di una vetta, è impossibile tornare indietro, senza  rovinose cadute. “Tutto in comune, scriveva Maria Beltrame Quattrocchi, con scambio costante di valori effettivi e affettivi, con un’unica vita di aspirazioni e di mete, con reciproco rispetto e amore”,  tessendo “filo per filo, la trama in ragione dell’ordito; l’ordito in ragione della trama”. Filo per filo, fatica per fatica, gioia su gioia, in una lotta d’ogni giorno in cui quello che si è costruito ieri ritorna utile oggi, e il domani è consegnato con fiducia a quel Dio che mette insieme e mantiene nell’amore, coloro che nell’amore, pur nella fatica della nostra fragile umanità, vogliono perseverare.
Il Foglio, 4 ottobre 2012

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