Santa Rosalia


di Danilo Quinto
Leggere le vite dei Santi, è quanto di più bello ci sia per chi ha fede. Sarebbe un gran bene, ad esempio, leggere ai bambini queste storie reali, perché sono strumenti d’insegnamento prodigiosi, che inducono a riflettere, a porsi domande e, soprattutto, ad imitare. Ecco, l’imitazione della vita dei Santi può essere considerata l’aspirazione più grande per un
cristiano, per un peccatore che confronta la sua vita con quella di coloro che sono vissuti e sono morti in stato di grazia e così si sono trovati nell’incontro con il Padre Eterno, obiettivo della nostra vita terrena.

Oggi si festeggia Santa Rosalia. Figlia del duca Sinibaldo di Quisquina delle Rose, nipote per parte di madre di re Ruggero d’Altavilla, crebbe nel XII secolo alla corte dello zio, a Palermo. Alla morte del re, chiese ed ottenne il permesso di vivere da eremita in una grotta sul monte Quisquina, dove trascorse dodici anni della sua vita. Successivamente, si trasferì in una grotta sul monte Pellegrino, dove visse “a vita di contemplazione” fino alla morte. 
Il suo culto si collega ad un evento particolare accaduto a Palermo in occasione di un’epidemia di peste. Il 7 maggio del 1624, attraccò nel porto della città un vascello proveniente da Tunisi, che in precedenza era approdato a Trapani e lì era stato sequestrato: l’equipaggio era stato sospettato di essere stato contagiato dal morbo. Fu dato l’allarme, ma il viceré, mal consigliato, si lasciò convincere e fece scaricare dal vascello il carico, mentre il comandante si recò a Palazzo Reale per portare i doni a Sua Altezza Serenissima: cammelli, leoni, gioielli e pelli conciate, inviate dal re di Tunisi. “E si vedeva per tutta la città per tutto il mese di maggio e quasi il 15 giugno morire un gran numero di persone”. Palermo si trasformò in un lazzaretto sotto il cielo. 
Nonostante le infinite preghiere della cittadinanza e le processioni, le quattro co-patrone della città - Santa Cristina, Santa Ninfa, Sant’Oliva e Sant’Agata - non erano riuscite a fermare la peste. Il miracolo, invece, fu attribuito alle reliquie di Santa Rosalia, le quali, portate in processione, impedirono l’ulteriore diffondersi dell’epidemia. Secondo le testimonianze storiche, infatti, Vincenzo Bonelli, un saponaio di via dei Pannieri, che aveva perduto per la pestilenza la moglie, salì sul monte Pellegrino per una passeggiata; smarritosi in seguito a un temporale, gli apparve la visione di Rosalia che, in dialetto palermitano, gli chiese di avvertire il vescovo, cardinale Giannettino Doria, che le ossa ritrovate poco tempo prima nella caverna dove ella era vissuta da eremita, erano le sue: se fossero state portate in solenne processione lungo le strade della città, la peste sarebbe scomparsa. Poste in un sacco, tra fiori, candele accese e canti, i resti mortali di Santa Rosalia, trasportati per le vie della città, fecero il miracolo.
Quante processioni occorrerebbero oggigiorno, Santa Rosalia, per chiedere il tuo intervento. Tu non puoi capire… Sai, oggi le processioni non sono più di moda, se ne fa a meno. Non si invoca più Dio. Non si invocano più i Santi. L’uomo pensa di essere divenuto onnipotente, invincibile, immortale. Intanto, il male si fa strada, agguanta il bene e se lo divora. Proteggici ancora tu dalle tante pesti che ci assalgono!

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