La canea eutanasica dopo la morte di Martini


Di Danilo Quinto
“Credo che, dopo averci insegnato molto sul significato della vita, il Cardinal Martini abbia voluto insegnarci molto anche sul significato della morte”. È la conclusione dell’articolo su Repubblica di Umberto Veronesi, dopo la morte di Martini.

Lo scienziato milanese, che fa parte di quella canea eutanasica scatenata in questi giorni, nel suo scritto richiama anche parole di Giovanni Paolo II, non citando la fonte. Sostiene che il Papa avrebbe detto: “"quando la morte si
preannuncia imminente e inevitabile, la rinuncia a mezzi straordinari o sproporzionati non equivale al suicidio o all'eutanasia... ma esprime l'accettazione della condizione umana di fronte alla morte". Veronesi aggiunge che “una parte della sua Chiesa ha visto questa accettazione piuttosto come una crepa nel principio incrollabile della sacralità della vita, in base al quale la vita umana è dono e proprietà esclusiva di Dio e solo Dio può decidere come darla e come toglierla”.
Restiamo su Giovanni Paolo II, il quale afferma (fonte: Evangelium Vitae): “Per eutanasia si deve intendere un'azione o un'omissione che di natura sua e nelle intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore. L'eutanasia si situa, dunque, al livello delle intenzioni e dei metodi usati. Da essa va distinta la decisione di rinunciare al cosiddetto accanimento terapeutico, ossia a certi interventi medici non più adeguati alla reale situazione del malato, perché ormai sproporzionati ai risultati che si potrebbero sperare o anche perché troppo gravosi per lui e per la sua famiglia. In queste situazioni, quando la morte si preannuncia imminente e inevitabile, si può in coscienza rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, senza tuttavia interrompere le cure normali dovute all'ammalato in simili casi. Fatte queste distinzioni, in conformità con il Magistero dei miei Predecessori e in comunione con i Vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l'eutanasia è una grave violazione della Legge di Dio, in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umana. Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale. Una tale pratica comporta, a seconda delle circostanze, la malizia propria del suicidio o dell'omicidio. La scelta dell'eutanasia diventa più grave quando si configura come un omicidio che gli altri praticano su una persona che non l'ha richiesta in nessun modo e che non ha mai dato ad essa alcun consenso. Si raggiunge poi il colmo dell'arbitrio e dell'ingiustizia quando alcuni, medici o legislatori, si arrogano il potere di decidere chi debba vivere e chi debba morire. Si ripropone così la tentazione dell'Eden: diventare come Dio ‘conoscendo il bene e il male’ (cf. Gn 3, 5). Ma Dio solo ha il potere di far morire e di far vivere: ‘Sono io che do la morte e faccio vivere’ (Dt 32, 39; cf. 2 Re 5, 7; 1 Sam 2, 6). Egli attua il suo potere sempre e solo secondo un disegno di sapienza e di amore. Quando l'uomo usurpa tale potere, soggiogato da una logica di stoltezza e di egoismo, inevitabilmente lo usa per l'ingiustizia e per la morte. Così la vita del più debole è messa nelle mani del più forte; nella società si perde il senso della giustizia ed è minata alla radice la fiducia reciproca, fondamento di ogni autentico rapporto tra le persone”.
Veronesi omette la frase “(…) senza tuttavia interrompere le cure normali dovute all'ammalato in simili casi”. Tra le “cure normali”, vi sono l’alimentazione e l’idratazione. Chi vuole introdurre l’eutanasia, vuole che di fame e di sete si possa morire. Essere contro l’accanimento terapeutico – salvaguardando questi presupposti – non vuole dire essere favorevoli all’eutanasia, per la dottrina cattolica e non vuol disporre della propria vita a proprio piacimento, sempre per la dottrina cattolica. Non c’è nessuna “crepa”, quindi . Le “crepe” sono altri a produrle: sono quelle di coloro che vogliono sovvertire i principi dell’ordine naturale, che valgono anche per i “laici e non credenti”, come si definisce Veronesi e quelle di coloro che utilizzano la morte del Cardinale Martini, che con tutti i suoi errori dottrinali, era un uomo di Chiesa, per colpire la Chiesa.

1 commento:

don giovanni savonarola ha detto...

mi trovo d'accordo con sorella Patrizia Stella, Martini, riformatore mancato amico dei sodomiti e dei radicani...ops, radicali, "giocava" realmente a fare il piccolo Anticristo. Che Dio abbia pietà di lui...Amen

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