C’eravamo tanto amati, radicali


di Leonardo Petrocelli
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Vent’anni al servizio del Partito Radicale e di Marco Pannella, di cui dieci da tesoriere. Una buona porzione di vita, quindi, in cui il barese Danilo Quinto ha portato soldi e organizzato strutture, curato campagne elettorali e referendarie. Poi l’incontro con Lydia, fervente cattolica, da cui la successiva conversione ed il matrimonio celebrato in Chiesa.
Da qui in poi, la storia assume i tratti di un drammatico conflitto, lo stesso raccontato da Quinto nel volume “Da servo di Pannella a figlio libero di Dio” (Fede & Cultura edizioni, pp. 208, euro 18), presentato ieri sera nella Sala consiliare della Provincia di Bari alla presenza del presidente Francesco Schittulli (pronto a
concedere a Pannella la medesima sala per la “replica”), del giornalista Magdi Allam, del giurista Michele Costantino, dello storico Roberto De Mattei, del senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri, del medico Luca Poli, del Movimento per la Vita, dell’editore Giovanni Zenone e del Presidente della Fondazione “Giuseppe Di Vagno”, Gianvito Mastroleo.
La discussione, moderata da Roberto Lorusso, intreccia ricordi dei presenti e divagazioni su tematiche generali: grazia divina, conversione, persecuzione e libertà. L’affondo ai radicali, definiti nel sottotitolo del testo “la più grande macchina mangiasoldi della partitocrazia italiana”, tarda ad arrivare. Finchè il microfono non giunge nella mani di Quinto, che ricostruisce la sua vicenda scegliendo come incipit il desiderio del partito di “annientarlo” a fronte delle sue scelte. Da qui tre gradi di giudizio in quattro anni, con l’accusa di essere dedito alle attività truffaldine e la condanna della Cassazione, con il beneficio della non menzione, a dieci mesi per appropriazione indebita.
“Questo – riprende ironico – a fronte di vent’anni di lavoro senza contributi, senza ferie o contratti. Ho preteso quanto mi spettava dopo la rottura con il partito e ho ricevuto una condanna”.
Ma al di là della cronaca giudiziaria, pesano come macigni i giudizi umani – su quella che Lettieri definisce la pannelliana “corte del potere” – e le questioni politiche che Quinto solleva senza mezzi termini. A cominciare dal finanziamento di dieci milioni di euro regolarmente elargiti a Radio Radicale da tutti gli esecutivi, governo Monti compreso: “Dopo vent’anni – conclude – sono giunto alla conclusione di aver avuto a che fare con il Male. E non solo per quel che mi è stato fatto, ma anche in virtù di tutti quei comportamenti di cui io ed altri siamo stati testimoni nel tempo e che è stata mia cura circostanziare con precisione”.
Gazzetta del Mezzogiorno, 7 settembre 2012

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