di Danilo Quinto
Come sta avvenendo su tutto, proprio nel solco indicato dalla Costituzione, è stato il Presidente della Repubblica, qualche settimana fa, a tracciare per il Governo il cammino da percorrere, sulla questione dell’ILVA. "Deve essere possibile – ha affermato Napolitano - nel pieno rispetto dell'autonomia della magistratura e delle sue valutazioni ai fini
dell'applicazione della legge, giungere a soluzioni che garantiscano la continuità e lo sviluppo dell'attività in un settore di strategica importanza nazionale, fonte rilevantissima di occupazione e insieme procedere senza ulteriore indugio agli interventi spettanti all'impresa e alle iniziative del governo nazionale e degli enti locali che risultino indispensabili per un pieno adeguamento alle direttive europee e alle norme per la protezione dell'ambiente e la tutela della salute dei cittadini". Napolitano ha aggiunto poi la dichiarazione più interessante: "Nel lontano 1959-60, da giovane deputato ed esponente politico meridionale, fui convinto sostenitore della necessità - per la rinascita e lo sviluppo del Mezzogiorno - della costruzione di un impianto siderurgico a ciclo integrale nella città di Taranto. Nacque allora una grande realizzazione, una straordinaria esperienza di produzione e di lavoro, che non può cancellarsi, per quanto sia passata attraverso scelte discutibili e abbia conosciuto complessi problemi”.
Tralasciando il richiamo alla rinascita e allo sviluppo del Mezzogiorno, che non c’è mai stata, non è dato conoscere esattamente quanti morti e quante malattie abbia prodotto quella “grande realizzazione”. Una “cattedrale nel deserto”, come tante costruite nel Sud, da una politica incline a dare contentini a quei disgraziati di meridionali che avevano bisogno di lavorare e disinteressata a conferire a quegli stessi disgraziati la possibilità di vivere nella consapevolezza della loro identità e dignità di persone e di affrancarsi dalla mancanza di cultura, generatrice di povertà e dei disastri sociali a cui assistiamo.
Sono solo due gli elementi più significativi di questa vicenda da sottolineare. L’intervento della magistratura, senza il quale nessuno si sarebbe posto il problema di sanare la situazione, con buona pace del Ministro Clini, che dall’alto della sua lunga esperienza (è stato per vent’anni Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente), ha osservato che i giudici starebbero compromettendo la politica industriale del paese. L’altro elemento è costituito dagli interventi saggi del Vescovo di Taranto, in particolare l’ultimo: "Rinuncio volentieri - ha detto Monsignor Filippo Santoro - a qualunque forma di donazione dell'Ilva, anche per opere caritative e per la lunga fila di disoccupati e di indigenti, che bussano quotidianamente alle porte della Diocesi. Sarebbe però auspicabile che l'Ilva metta in atto un rapporto positivo con la città, particolarmente a sostegno delle fasce più deboli e meno protette". C’è quindi una Chiesa che sa indicare che cos’è il bene comune e non si esime dall’esercitare le virtù del coraggio e della verità.
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