di Danilo Quinto
Ventimila euro. Questo è il dato medio dell’esposizione debitoria delle famiglie italiane, come risulta da una ricerca della Cgia di Mestre. In due anni, è cresciuto del 33,4%. Stiamo parlando del debito che deriva dall'accensione di mutui per l'acquisto di una abitazione, dai prestiti per l'acquisto di beni mobili, dal credito al consumo ai finanziamenti per la ristrutturazione di beni immobili. Questa media di debito non riguarda l’incidenza dell’usura, che si sta diffondendo in maniera devastante in strati della popolazione e in territori impensabili fino a pochi anni fa. Più le famiglie sono deboli, più cresce l’indebitamento. E’ una spirale rovinosa, destinata a crescere con l’aumento della disoccupazione. E’ possibile che di fronte a questa situazione non possano essere individuati strumenti che rendano più umana la condizione delle famiglie in difficoltà? E’ possibile che ci si limiti, com’è previsto dal decreto sullo spending review, alla distribuzione, a determinate condizioni, di derrate alimentari? E’ possibile che uno Stato democratico consenta che un bambino su quattro sia a rischio povertà? Domande alle quali non ci saranno risposte. Ci si può, allora, indignare, se ne siamo ancora capaci, di fronte a tutti quei discorsi che parlano e straparlano di economia solida, di sistema bancario che funziona, di crisi che passerà. Qui non siamo di fronte ad una crisi economica. Si tratta di una crisi etica, nella quale i ricchi diventano sempre più ricchi e ai poveri, se le cose procederanno così, resterà solo da rovistare nei bidoni della spazzatura.
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