E’ un’operazione truffaldina affibbiare alla responsabilità della sola politica la situazione in cui versa il paese. La responsabilità è condivisa dalla società civile e da quell’Italia dei salotti buoni, dei grand commis di Stato, dei circoli esclusivi e sempre più segreti, delle varie lobby e dei “tecnici”. I capitali provenienti dalla corruzione - che sono tanti, stimati in 60-70 miliardi di euro (fonte: Corte dei Conti) - devono essere pur riciclati, riconvertiti in denaro pulito, rimessi sul
mercato. Chi lo fa questo mestiere? Stessa cosa deve avvenire per i capitali che derivano dall’attività della criminalità, che ha un fatturato che supera i 140 miliardi di euro, pari a circa il 7% del Pil, con un utile che sfiora i 100 miliardi di euro e 65 miliardi di liquidità, che incide direttamente sul mondo dell'impresa. (Fonte: XIII edizione del rapporto "Le mani della criminalità sulle imprese", della Confesercenti e Sos Impresa).
Il paese è assediato da questi dati. Sono assediati la classe dirigente - e politica - e la società civile. Nel senso che l’”arraffare” sembra essere molto più esteso di quello che ci è stato fatto credere. La propensione al malaffare, ai favori, agli intrallazzi, agli appalti e ai sub-appalti di dimensione gigantesca, è dilagante, coinvolge un po’ tutti. Dagli strati sociali più insospettabili a quelli più umili e diseredati. Quel che deve preoccupare non sono i comportamenti dei singoli, ma l’implosione dell’intero sistema, che convive e sopravvive in quest’acqua stagnante e melmosa.
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