di Mauro Faverzani
La foto è quella del nuovo Padre Generale di un importante Ordine religioso. “Mandato dallo Spirito Santo”, mi assicura una sua Consorella. Voglio sperarlo. Ma quella sua maglietta azzurrina a righe gialle, verdi e bianche proprio “stona”. In ballo non c’è solo il buon gusto. C’è l’obbedienza alle direttive. Chiarissime. Ben due disposizioni della Cei, una del 1966, l’altra del 1983, due canoni del Codice di Diritto Canonico - i n. 284 e 669 - ed il Direttorio per il Ministero
e la Vita dei Presbiteri ribadiscono la stessa cosa: che solo la “talare” è l’abito ecclesiastico “normale”, l’uso del “clergyman” è semplicemente “permesso”¸ oltre tutto con forti restrizioni. Ed il Pontificio Consiglio per l’Interpretazione dei Testi Legislativi ha assegnato ai Vescovi il compito di far rispettare le norme predette, rimuovendo “le eventuali prassi contrarie”. Oggi di lavoro ne avrebbero da fare, il che lo rende ancor più necessario ed urgente. Quella suora mi ha ricordato come “l’abito non faccia il monaco”. Ma Papa Pio XII disse che “da come uno si veste, si capisce che cosa sogna”. Evidentemente il suo Generale dev’esser solito fare incubi…
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