Formigoni e la gogna pubblica

di Danilo Quinto
Ci sono tre Presidenti di Regione (se i conti sono giusti) attualmente rinviati a giudizio: Raffaele Lombardo in Sicilia, Vasco Errani in Emilia Romagna, Nichi Vendola in Puglia. Un quarto presidente, Roberto Formigoni, ha ricevuto un avviso a comparire davanti ai magistrati. Ai primi tre, nessuno chiede di dimettersi (Lombardo ha deciso spontaneamente le dimissioni entro il 31 luglio). A Formigoni, tutti o quasi tutti, sì. A nessuno dei primi tre, tocca la sorte di una forsennata
campagna di stampa. Formigoni, che non è rinviato a giudizio, viene messo alla gogna pubblica.
A parte l’accanimento, fuori da qualsiasi regola civile, nei confronti del Presidente della Regione Lombardia, c’è qualcosa di molto singolare in questa vicenda, che desta inquietudine. La questione attiene al ruolo che Roberto Formigoni avrebbe legittimamente potuto rivestire, per sua storia personale e politica, rispetto alla leadership del centrodestra italiano. E’ singolare che in concomitanza con questa possibilità, si sia aperto un processo mediatico devastante. Così com’è singolare che a distanza di vent’anni da Tangentopoli, la magistratura, che è solo uno dei tre poteri in cui è articolato lo Stato di diritto, rivesta ancora un ruolo così dirompente. Questa è una conseguenza dell’irresponsabilità della politica e di chi si è avvicendato al potere, che non ha saputo e voluto, in tutti questi anni, affrontare e risolvere questa questione, centrale e dirimente per la democrazia.

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