“Lo vedo bene, Sancio, che non son bello; ma riconosco anche che non sono mostruoso; e a un uomo per bene gli basta non essere un mostro per essere amato”.
Don Chisciotte raccontava a Sancio Panza, nel capolavoro di Miguel de Cervantes, delle bellezze dell’anima e del corpo. Per il cavaliere errante della Mancia la bellezza dell’anima trionfava e si manifestava nell’intelligenza, così come si specchiava nell’onestà e nella generosità. In un mondo, come il nostro, che ostenta forme e corpi modellati e palestrati, le qualità umane proposte dal Cervantes paiono cozzare contro la mentalità moderna, così come fragorosamente cozzavano le lance spuntate del Don Chisciotte contro i mulini a vento. La trasfigurazione operata dal Cervantes aveva trasformato quei mulini a vento in giganti insuperbiti contro cui un cavaliere cristiano come Don Chisciotte avrebbe dovuto lottare. Avrebbe dovuto lottare, e così di fatto fece, contro la superbia e contro tutti i vizi che negavano la dignità umana ed offendevano la bellezza dell’anima. La magnificenza dello sguardo sul reale di Don Chisciotte aveva successivamente operato un ulteriore prodigio, trasformando una rozza contadinella in Dulcinea del Toboso, l’amata diletta, la dama cara al cavaliere errante. Così i corpi, ben lungi dall’essere disprezzati, in Cervantes non possono costituire un impedimento alla comprensione umana nell’integralità della persona, con la sua anima ed il suo corpo.
Le qualità umane però, secondo Don Chisciotte, possono benissimo trovarsi in un uomo brutto, così come ribadisce con vigore al suo scudiero Sancio Panza: “Quando si pone la mira a questa bellezza, e non a quella del corpo, allora l’amore suol nascere impetuoso, e in condizioni di vantaggio”.
(Fabio Trevisan, vicepresidente di Fede & Cultura, dal settimanale di Trieste Vita Nuova)
1 commento:
Però Zenone è un bell'uomo.
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