di Antonio Gaspari (L'Ottimista)
Dicevano che era troppo intransigente e che avrebbe distrutto decenni di dialogo ecumenico. Invece nessuno come Papa Benedetto XVI sta riuscendo a mettere insieme i Cattolici, i Protestanti e gli Ortodossi, superando secoli di scismi e di ostilità. Dicevano che il suo rigore dottrinale, la sua pretesa di riportare Dio nella società, la sua denuncia del relativismo morale, avrebbe cancellato ogni possibilità di dialogo con il mondo moderno. Invece, anche nelle società più secolarizzate, la popolazione accorre ad ascoltarlo.
Atei, omosessuali e radicali lo criticano violentemente e gli negano l’accesso alle università, ma il Pontefice scioglie i pregiudizi e conquista i cuori anche dei più lontani. Tutti, anche laicisti e miscredenti sono affascinati dal Pontefice che parla di verità con la soavità di un saggio e santo nonno.
E non si tratta di una mera campagna propagandistica ben riuscita: siamo di un fronte ad un Pontefice che sta segnando la storia del mondo in maniera profonda. Portatore del messaggio cristiano appassionato e rivoluzionario. Un Papa che alimenta la speranza, che riaccende la fede, che rinnova la ricerca infinitamente umana della bellezza. Forse molti non se ne sono accorti, ma nel corso dell’ultimo viaggio compiuto da Benedetto XVI in Gran Bretagna è successo tutto questo.
Il Papa si è recato a Londra, dove nel 1534 re Enrico VIII sancì la separazione dalla Chiesa di Roma e fondò la Chiesa Anglicana. In quella stessa città dove a San Tommaso Moro, grande studioso e statista inglese, ammirato da credenti e non credenti, fu tagliata la testa perchè difendeva le ragioni di Roma. Benedetto XVI è stato il Primo Pontefice a parlare, nella Westminster Hall, sede storica del Parlamento, un edificio che ha un significato unico nella storia civile e politica della Gran Bretagna.
Il Papa ha stupito tutti, dalle elite al popolo britannico. I mass media inglesi avevano previsto un clima di ostilità nei confronti del Pontefice descritto come un “rottweiler”, un Papa tedesco rigido e ostile che sarebbe venuto a sfidare la società liberale britannica. Invece, fin dal primo incontro con la regina Elisabetta II, Benedetto XVI ha conquistato il cuore dei britannici. Ha sottolineato le “profonde radici cristiane che sono tuttora presenti in ogni strato della vita britannica” ed ha ricordato figure esemplari come William Wilberforce e David Livingstone, che si impegnarono per fermare la tratta internazionale degli schiavi. Donne ispirate dalla fede come Florence Nightingale che “servirono i poveri e i malati, ponendo nuovi standard nell’assistenza sanitaria che successivamente vennero copiati ovunque”, e poi, soprattutto, il Cardinale John Henry Newman, beatificato domenica scorsa a Birmingham. Newman fu “uno dei molti cristiani britannici della propria epoca la cui bontà, eloquenza ed azione furono un onore per i propri concittadini e concittadine”. Il pontefice ha quindi indicato ai britannici il nemico comune che è la cancellazione di Dio dalla vita degli uomini. A questo proposito ha ricordato il contributo decisivo del Regno Unito nella sconfitta della tirannia nazista che aveva in animo di “sradicare Dio dalla società e negava a molti la nostra comune umanità, specialmente gli ebrei, che venivano considerati non degni di vivere”.
Da questo primo discorso del Papa, gli inglesi hanno capito di trovarsi di fronte ad un uomo completamente diverso da come gli era stato presentato. Soprattutto hanno compreso che il Papa sa come superare la disperazione del materialismo e del nichilismo moderno facendo rifiorire l’umanesimo cristiano, le cui radici sono ancora fertili.
Così come Giovanni Paolo II era convinto di poter sconfiggere il comunismo – e ci è riuscito - Benedetto XVI è determinato a sconfiggere la secolarizzazione, rievangelizzando l’Europa e riconquistando la Terra Santa. La sua voce è soave, i toni sono lievi, l’incedere è delicato, ma la sue parole infiammano, urlano verità, accendono cuori. Ha detto ai giovani riuniti alla St. Mary’s University: “Mirate a cose grandi, crescete in santità, non vi accontentate di seconde scelte, cercate in Dio la vera felicità”.
“Avere soldi - ha detto il Papa - rende possibile essere generosi e fare del bene nel mondo, ma, da solo, non è sufficiente a renderci felici”. Né basta avere successo nello sport o nel lavoro per essere felici. “La felicità – ha sottolineato – è qualcosa che tutti desideriamo, ma una delle grandi tragedie di questo mondo è che così tanti non riescono mai a trovarla, perché la cercano nei posti sbagliati. La soluzione è molto semplice: la vera felicità va cercata in Dio”.
Insomma, quello che sembrava un viaggio pieno di incognite, con tante critiche e manifestazioni ostili, si è rivelato un trionfo. La Gran Bretagna che ha nella bandiera due Croci, quella di San Giorgio e quella di Sant’Andrea, che ha una Regina come capo della Chiesa, e che pure è la nazione più secolarizzata d’Europa, con un 20% di atei, con gli anglicani confusi dalla nomina di vescovi omosessuali e lesbiche, ha trovato nelle parole del Pontefice Benedetto XVI la speranza di far rinascere un cristianesimo solido e coraggioso come è nel suo destino e come gli è stato indicato dal beato John Henry Newman.
Gli effetti benefici di questo viaggio non riguardano solo la situazione interna ma si muovono verso una prospettiva strategica che tocca l’Europa e il Medio Oriente. Pochi ricordano che nel famoso discorso di Ratisbona, il Pontefice Benedetto XVI spiegò la caduta di Costantinopoli e la perdita di Gerusalemme con la divisione dei cristiani e i conflitti tra stati e popoli europei. Ed è proprio rivitalizzando le comuni radici cristiane che il Santo Padre sta rievangelizzando l’Europa, unendo popoli e nazioni in un ardito progetto di nuovo umanesimo cristiano, per rafforzare pace e unità dall’Europa al Medio Oriente.
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