L’istinto più profondo in un uomo è la sua religione, cioè il suo atteggiamento verso le cose eterne; e da quell’atteggiamento discende la sua relazione con le cose temporali. È ampiamente così nel caso dell’individuo; lo deve essere, dunque, infinitamente di più nei grandi gruppi o nelle nazioni; dato che ogni folla è mossa da principi che sono il minimo comune multiplo dei principi delle unità che la compongono. Naturalmente questo è universalmente riconosciuto oggi; ma non è sempre stato così. Ci fu un tempo, in particolare in questo periodo di cui sto parlando, in cui gli uomini cercarono di trattare la Religione come se fosse un compartimento della vita, invece del fondamento complessivo della vita di tutti e di ciascuno. Trattarla così, naturalmente, vuol dire proclamarsi fondamentalmente irreligiosi – e, a dire il vero, molto ignoranti e incolti.
Robert H. Benson, L'alba di tutto, p. 28)
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