Per uscire dagli incubi emanati dalla calamitosa apostasia moderna e far ritorno alla sana ragione occorre, prima di tutto, finirla con l’antica fisima dell’intellettualismo, che postula la superiorità del pensiero sull’essere e stabilisce il dominio del sogno o del progetto fantastico sulla realtà. Il futuro appartiene a chi saprà dissipare le nebbiose elucubrazioni prodotte dai maestri del sospetto – i calunniatori dell’essere e gli staffilatori della ragione – e oserà sciogliere il grumo di morbosa irrequietezza e collerica ingratitudine che alimenta la rivolta del desiderio contro la realtà.
Per rimuovere l’uggioso residuo dell’alienazione e contemplare la meraviglia del creato nella luce raggiante della verità, si deve dunque adottare la sentenza tomista, che afferma la superiorità dell’essere sul pensiero. San Tommaso ha stabilito con chiarezza che “Non est verum quod intelligere sit nobilius quam esse; sed determinatur ab esse, immo sic esse est eo nobilius” (De veritate, q. 22, a. 6, ad primum).(Piero Vassallo, Memoria e progresso, p. 48)
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